30.1.10

The Sacred Wood of Madagascar’s Zafimaniry - Intangible Heritage

The Zafimaniry of Madagascar do more than sculpt wood. They inscribe their entire cosmogony on this sacred material. In 2003, UNESCO proclaimed their tradition a masterpiece of oral and intangible heritage.

7.5.09

Politica senza politici



Intendo per Politica la ricerca e la promozione dei beni comuni dai quali dipende la qualità della vita di tutti. La Politica è quindi uno strumento delle società, finalizzato alla cura e al bene della propria polis. Si basa sulla realizzazione della volontà generale e condivisa, meglio conosciuta come democrazia. Il fine ultimo della politica è la realizzazione dei bisogni di una collettività. Il compito di fare politica non è di esclusiva competenza dei partiti, divenuti ormai un ostacolo della democrazia reale, quanto dei cittadini, dell'associazionismo più vario e di tutte le forme espressive della società civile. Ognuno, consapevole o meno, è attore politico.

Oggi, i reali centri di potere ci appaiono sempre più lontani, invisibili e irraggiungibili, difficilmente condizionabili attraverso il voto. Nasce, quindi, l'urgenza di ricercare un'identità in grado di fornire sicurezza. Si sviluppa il bisogno di avere riferimenti più vicini, sui quali avere la certezza di poter esercitare un condizionamento. La comunità locale, il Comune, sono l'ambito in cui realizzare tali attese. Lo slogan che il movimento dei movimenti ha fatto proprio "Pensare globalmente, agire localmente", trova, in questo contesto, la sua piena legittimazione. Sempre più spesso, nei territori su cui ricadono gli effetti negativi della globalizzazione, i cittadini tendono a organizzarsi per contrastarne l'azione. Il conflitto si radica a livello locale, origina vertenze specifiche e favorisce l'auto organizzazione delle masse popolari. Allora bisogna immaginare un'altra mappa in cui, al posto dell'urban marketing, della competizione tra città ci sia invece la possibilità di costruire reti di città solidali e cooperanti. Città nuove, che scambiano tra loro esperienze di partecipazione diretta e di welfare comunitario e che si interroghino anche su forme di disobbedienza alle leggi ingiuste e sulle resistenze alle imposizioni di poteri autoritari e imperiali.

La democrazia formale, che l'Occidente vorrebbe esportare nel mondo come unico modello possibile di partecipazione, ha in realtà esaurito la propria funzione: oggi l'assioma "una testa, un voto", non ha più il significato originario. La crisi della partecipazione politica nasce da una spinta "dal basso", ovvero dal manifestarsi dell'inadeguatezza della democrazia formale a rappresentare la ricchezza soggettiva, espressa da dinamiche produttive e sociali moltitudinarie. E, al tempo stesso, dalla crescita di una autonoma capacità di cooperazione, autorganizzazione e autoregolazione sociale, indisponibile sia a lasciarsi governare, sia a delegare. Bisogna creare le condizioni per un confronto serrato, franco, con e tra esperienze concrete di lotta, e di traduzione di queste in momenti di autodeterminazione e autogoverno, di riappropriazione del territorio e del controllo sulle proprie vite e sulla vita delle proprie comunità. Dobbiamo essere capaci di tradurre queste idee in esperimenti e pratiche di vita se non vogliamo essere complici della decadenza umana. Un altro mondo è possibile!

1.5.09

Sull'IMMIGRAZIONE

Il razzismo è ritornato di moda! Si avverte per le strade e nelle piazze. Oggi, a differenza del passato, questo sentimento non si basa su discriminazioni di carattere ideologico, colore della pelle o presunta inferiorità, quanto su motivazioni molto più pratiche. L'immigrato è colui che sbarca nel nostro paese e causa problemi di sicurezza e funzionamento della nostra società. Nel sud Italia, dove la maggiore preoccupazione è quella del “posto di lavoro” il razzismo è alimentato dalla sensazione che l'immigrato ci ruba il lavoro, quando in realtà si tratta di manodopera umile e a basso che solo un disperato può accettare.
Questa nuova corrente si definisce neo-razzismo. Parte dal rifiuto violento dell'altro ma, appunto, è spinta da motivazioni concrete e agisce concretamente. La cosa che maggiormente preoccupa è che si possono trovare forme di neo-razzismo ovunque e chiunque ne può fare parte. Così si trovano allo stadio durante una partita di calcio, all'aeroporto mentre si attraversa la dogana, ad un chiosco mentre rubi caramelle o all'ingresso della scuola mentre attendi l'inizio della lezione.
Dunque, questa nuova ideologia non conosce classi bensì le include tutte. E' trasversale e in costante espansione.
Ma come mai emerge proprio ora? Potrebbero esserci diversi motivi, la cui contingenza ha portato proprio ora a maturazione questo amaro frutto. Dopo le elezioni politiche del 2008, al governo del paese sono approdate personalità che sulle questioni del “ventennio” non hanno mai chiarito la propria posizione. Di fatto l'immigrazione è stata da subito inquadrata nelle politiche per la sicurezza del paese e affrontata con un maggiore impiego di forze dell'ordine. Il “pacchetto sicurezza” appena approvato prevede che i migranti in arrivo devono essere imprigionati per sei mesi nei CIE, il tempo per l'identificazione ed espulsione. Sei mesi? E poi ci saranno le “ronde” che di notte, invece di dormire, si cimenteranno nel nuovo sport nazionale: la caccia all'immigrato. L'odio razziale sembra trovare legittimità nelle istituzioni mentre la spirale di violenze gratuite sembra non avere fine. Nel frattempo, la nostra valorosa Guardia Costiera ci difende dalla minaccia barconi e non esita a sparare a vista sui migranti in mare, invitandoli, così, a tornare il Libia. La Libia, il paese di quel Gheddafi che con Silvio ha stretto accordi segreti da milioni di euro. La Libia, che non riconosce alcun diritto umano, che non distingue l'immigrato dal rifugiato, che ospita nelle sue carceri circa 1 milione di persone all'anno provenienti di ogni capo dell'Africa e che violenta sistematicamente le donne migranti che sognano un Italia che non esiste.
A tutto questo è perentorio opporsi! In tale situazione il celebre quesito “che fare?” ritorna quantomai attuale. Ogni persona di buona volontà dovrebbe porselo. La risposta non è semplice perché la questione è molto complessa, ma una cosa è certa, restare a guardare equivale ad essere complici!
Ne discuteremo insieme e studieremo strategie di lotta perchè vogliamo che Avellino diventi città modello per spirito di accoglienza e pacifica convivenza tra popoli e culture.

16.1.08

Lettera ad un settentrionale



Lombardo e Veneto che ti opponi all'ingresso dei rifiuti campani nella tua regione, voglio scriverti due righe per mettere in chiaro un po’ di cose.
Qui in Campania stiamo vivendo una situazione non molto piacevole. Ho 26 anni e per la prima volta vedo i marciapiedi e le strade della mia città ostruiti dai rifiuti.
Così la notte non riesco a dormire e mi chiedo perché stia succedendo tutto questo.
Certo la principale colpa ce l'abbiamo noi campani, ed in particolare quelli appartenenti alla generazione precedente alla mia. Hanno lasciato fare alla camorra e così da più di 10 anni l'intero ciclo di smaltimento dei rifiuti è gestito dalla nostra criminalità. Credo che Bassolino e Iervolino siano solo la punta dell'iceberg di questo circolo vizioso.
Sembra che le colpe del problema munnezza siano quindi tutte endogene.
Invece, caro Lombardo e Veneto, forse tu non sai che gran parte di queste colpe appartengono alla tua regione e precisamente quelle relative ai rifiuti tossici presenti sul territorio campano. Non ne sai niente vero? Le industrie della tua regione negli scorsi anni hanno smaltito i propri rifiuti altamente tossici nella mia regione, causando un incremento vertiginoso dei tassi di mortalità dovuti a tumori provocati dai vostri rifiuti tossici. Forse tu davvero non ne sai niente, ma certamente gli imprenditori senza scrupoli della tua regione lo sanno benissimo, perché loro, molto legati alla logica di fare soldi ad ogni costo, hanno fatto affari con la camorra che proponeva loro il miglior prezzo sul mercato per lo smaltimento dei rifiuti tossici.
Adesso che lo sai non puoi fare l’ipocrita dicendo che quaggiù ci meritiamo di essere seppelliti dall’immondizia, perché altrimenti ti ricordo che tutta la ricchezza del nord Italia è stata prodotta con le mani e il sudore dei nostri nonni, dei nostri padri e dei nostri fratelli. Quindi ti consiglio di usare rispetto quando parli del Sud!

10.11.07

Soli d'Africa



Vogliamo affermare che l’Africa non è una provincia dell’Occidente, ma piuttosto la culla dell’intera umanità.
Vogliamo denunciare, in modo organizzato, la strumentalizzazione dell’Africa da parte delle politiche europee.
Vogliamo poter dire, senza stupire, che, se è vero che il colonialismo è finito, il neo-colonialismo non sta facendo meno danni delle campagne coloniali.
Conosciamo un’Africa diversa da quella che ci viene mostrata in tv, nei giornali o nelle agenzie di viaggio.
Non ci rassegniamo ad ascoltare le bugie e a vedere le immagini che ogni giorno offendono l’Africa nella sua dignità.
Ci indigniamo nel sentir parlare di un’Africa che sta morendo o che morirà se non riceverà l’aiuto dei ricchi.
Siamo vicini ai giovani africani che, come noi, sentono il peso di un mondo inospitale ed ingiusto.
Siamo solidali con i ragazzi che decidono di restare nel proprio paese per realizzare un’Africa diversa e con quelli che, per costruire un futuro più umano, sono disposti a partire inseguendo il miraggio di un Europa che non c’è.
Denunciamo l’intolleranza e il razzismo di chi per difendere i propri privilegi alza i ponti levatoi e fa dell’Europa una fortezza.
Ci sentiamo partecipi del detto africano: “qui nessuno è straniero e tutti sono ospiti”.
Crediamo nel riscatto dell’Africa.
Solo insieme possiamo costruire un mondo diverso.

30.10.07

Chiama l'Africa Giovani - primo incontro


Amica e amico dell’Africa,
è nata l’idea molto ambiziosa di creare un gruppo di giovani che hanno a cuore l’Africa e che vogliono essere solidali con gli africani che lottano per la propria dignità.
Quest’anno, al campo studio di “Chiama l’Africa”, abbiamo pensato di unire le nostre forze per esprimere un’idea critica rispetto alle questioni che riguardano l’Africa.
Vorremmo cercare, nel concreto, i modi e i mezzi per affermare che l’Africa non è una provincia dell’Occidente, ma piuttosto la culla dell’intera umanità. Vorremmo denunciare, in modo organizzato, la strumentalizzazione dell’Africa da parte delle politiche europee. Vorremmo poter dire, senza stupire, che, se è vero che il colonialismo è finito, il neo-colonialismo non sta facendo meno danni delle campagne coloniali.
Crediamo nel riscatto dell’Africa forse perché l’abbiamo vista, o forse perché ne abbiamo studiato la storia. Conosciamo un’Africa diversa da quella che ci viene mostrata in tv, nei giornali o nelle agenzie di viaggio, ma non ci rassegniamo ad ascoltare le bugie e a vedere le immagini che ogni giorno offendono l’Africa nella sua dignità. Ci sentiamo partecipi del detto africano: “qui nessuno è straniero e tutti sono ospiti”. Ci indigniamo nel sentir parlare di un’Africa che sta morendo o che morirà se non riceverà l’aiuto dei ricchi.
Siamo giovani e viviamo tutte le ansie da studio, lavoro e quant’altro, ma possediamo una tra le migliori qualità: la freschezza delle idee. Se ti scriviamo è perché crediamo che la tua partecipazione possa essere parte di un grande progetto. Cercheremo di mettere insieme tutte le nostre idee per vedere cosa succede.
L’appuntamento è per i giorni 2,3 e 4 Novembre a Piediluco in provincia di Terni. Veronica metterà a disposizione una casetta vicino al lago. Ci sistemeremo in parte sui materassi in parte nei sacchi a pelo; per mangiare sfoggeremo tutte le nostre capacità culinarie. Ognuno di noi contribuirà come meglio crede.

Per i ragazzi del campo di Marradi 2007, Martino.

23.9.07

Chiama l'Africa ..."giovani"

Cari/e Amici ed Amiche,

vedo l'appuntamento di Ancona come un' occasione per ripredere l'idea della formazione del gruppo "giovani" di Chiama l'Africa emersa durante il campo - studio di Marradi.

E' trascorso meno di un mese, e l'idea calda ha avuto il tempo di decantare e "raffreddarsi", è quindi pronta per essere affrontata più concretamente.

Ad Ancona, tra relazioni, spettacoli e serate a chiacchierare tra i sacchi a pelo credo che, se vogliamo, possiamo trovare il tempo per una riflessione allargata.

Ci vediamo ad Ancona!


17.4.07

DA NAIROBI A COTONOU

DA NAIROBI A COTONOU

Si è tenuto giovedì scorso il V incontro organizzato da Chiama l’Africa a Ferrara. A parlare sono stati Martino Coppola e Valeria Viola, volontari in Servizio Civile Nazionale per l’associazione rispettivamente a Parma e a Roma. Martino ha illustrato soprattutto i retroscena del World Social Forum tenutosi a Nairobi, in Kenya, al quale ha partecipato. Il suo racconto ha evidenziato quanto purtroppo esistano ancora e fin troppe discriminazioni e ingiustizie. L’idea di riunire persone da tutto il mondo in Africa ha portato solo alcuni, i più curiosi, come lui, a conoscere la realtà africana da vicino e non quella raccontata dai mass media. L’evidenza è stata purtroppo agghiacciante. Solo Nairobi conta 202 baraccopoli o slums, grandi agglomerati di baracche fatti di lamiere, in cui vive il 90% della popolazione sul 10% del territorio della città. Gli slums sono ghetti da cui le persone faticano ad uscire a causa del controllo della polizia che ‘difende’ la città. Il gruppo con cui era Martino, ha scelto di vivere Nairobi dormendo in campeggio e in un villaggio. In quest’ultimo hanno potuto constatare quanto le persone conducessero una vita molto più serena di chi viveva rinchiuso a due passi dalla città. L’osservazione logica conseguente ha riguardato la possibilità di far tornare nei villaggi tutti coloro che vivono nelle baraccopoli. Sicuramente per ‘loro’ sarebbe la soluzione migliore, ma non per l’amministrazione comunale della città, che specula sugli affitti delle baracche gestite da proprietari che ricordano molto i boss mafiosi. Purtroppo nei villaggi vige la disinformazione e le persone rimangono appese a speranze vane di emancipazione, proiettate nel cercar fortuna dove c’è ‘sviluppo’. All’interno di questo desolante scenario, l’ultimo giorno del Forum Sociale si è svolta una marcia a cui hanno partecipato ben pochi bianchi. Proprio quel giorno, sotto gli occhi di Martino e dei suoi compagni, è avvenuto un fatto di cui non si è fatto parola da tre mesi a questa parte. Quattro bambini sono stati uccisi dalla polizia intervenuta contro di loro per un tentato scippo nei confronti di tre donne statunitensi. Questi bambini sono stati uccisi per fare ‘bella figura’ nei confronti delle aspettative occidentali e per di più la marcia è stata deviata proprio per nascondere il delitto compiuto alla maggior parte della gente presente. Martino a scelto di non farne parola se non con chi conosce o con chi è stato all’incontro, per il semplice fatto che la sua voce e quella dei pochi altri testimoni, rimangono gocce nell’oceano della non – informazione.
A differenza di Nairobi, Cotonou (nel Benin) è apparsa agli occhi di Valeria come un “luogo democraticamente povero”, in cui non si riscontra l’intervento occidentale e dove non vi è il contrasto tra città e baraccopoli. Qui le persone sembrano vivere in quella che per noi è povertà mentre per loro risulta la normalità. Serge Latouche, uno dei relatori del seminario organizzato nella città, a questo proposito, ha proprio evidenziato la relatività delle situazioni facendo presente che “quando avranno bisogno del nostro aiuto, saranno loro a dircelo”. (Argomento questo dibattuto per la quasi totalità del soggiorno da coloro che hanno partecipato al corso.) Il seminario tenutosi a Cotonou in Febbraio e a cui ha partecipato Valeria è stato organizzato da Chiama l’Africa, CIPSI e Emmaus Italia con titolo ‘Africa: ricchezza povertà crescita decrescita’, ispirato al libro di Albert Tevoedjiré, uno dei relatori del corso, economista e sociologo beninese. Altri relatori del seminario sono stati Pasquale de Mauro, docente di Economia dello Sviluppo Umano a Roma, Moyse Mensah, Vice Presidente del Fondo Internazionale per lo Sviluppo Agricolo (IFAD) e Latouche, storico del Pensiero Economico a Parigi. Durante la settimana Valeria e i partecipanti al corso hanno potuto visitare la zona e fare le proprie osservazioni riguardo la realtà in cui erano inseriti. Un aspetto importante è stato quello di constatare la pacifica convivenza tra le diverse confessioni religiose: per lo più animista, il Benin accoglie anche cristiani e musulmani.
In riferimento alla Giornata della Cooperazione tenutasi all’Università di Ferrara, sono state fatte osservazioni riguardo l’acqua e la sua gestione. Valeria ha potuto notare nel suo viaggio quanto fossero le donne ad occuparsi del trasporto e della raccolta dell’acqua col solo aiuto di grandi bacinelle e sotto gli occhi vigili degli uomini seduti sotto gli alberi. Martino ha invece fatto notare la contraddizione insita nell’uso di acqua in bottiglia al Forum Sociale Mondiale, nei confronti dei principi comuni ai partecipanti.

Margherita Malinconi, per Chiama l’Africa–Ferrara

13.2.07

Un World Social Forum tutto Africano
…peccato che facciamo fatica a capire l’Africa!

Si è concluso il 25 gennaio il 7° World Social Forum, che per la prima volta si è tenuto in un paese africano, il Kenya. La partecipazione è stata inferiore a quella delle precedenti edizioni, ma il dato rilevante del Forum è quello di essersi riunito in Africa. Ed ha avuto proprio ragione la nostra Viceministra Sentinelli quando ha detto che questo è un Forum Mondiale, ma soprattutto Africano.
Si, perché sono stati gli africani i protagonisti. Gli occidentali per una volta hanno dovuto abbandonare la parte del coccodrillo, quello dalla bocca grande e le orecchie piccole, per parlare di meno ed ascoltare di più. E come si poteva non ascoltare quella donna africana che, con un bimbo in spalla e un altro per la mano, dice che la privatizzazione dell’acqua non è solo una questione di antiliberismo ma è soprattutto una questione vitale.
A due passi da Kasarani, sede del Forum, c’è la periferia di Nairobi, quella delle baracche e degli slum. Kibera, Korogocho, Dandora: luoghi “pericolosi” in cui solo i partecipanti più curiosi si sono inoltrati. Luoghi in cui la resistenza dell’olfatto è messa a dura prova, perché fogna e spazzatura scorrono lungo canali a cielo aperto e attraversano tutte le stradine. E da queste stradine guardare più lontano, cercando un orizzonte, non è confortante, perché si scorgono solo discariche in cui la gente cerca qualcosa tra i rifiuti dei ricchi.
Eppure in questi luoghi maledetti si incontrano volti sorridenti e gioiosi, come quelli di due bambini che giocano con l’acqua putrida degli scarichi, non sapendo o non pensando che la loro speranza di vita è dieci anni. Certamente non ci pensano quei bambini dagli occhi assenti, che invece hanno scelto di giocare a sniffare la colla delle scarpe. Chi invece conosce bene la vita di questo posto e sembra avere speranza da vendere, sono ancora una volta le donne che, sedute agli angoli delle stradine con una pentola ed un pugno di carbone, si inventano tutti i giorni qualcosa da mangiare.
Ed allora a questo Social Forum è stata l’Africa che ha parlato e ha detto di non volere più compassione ed assistenza, ma comprensione e condivisione dal basso e con il basso. Forse questo messaggio non è arrivato alle orecchie di chi alloggiava negli alberghi della City e neanche a quelle di chi ha organizzato il concerto dei Sud Sound System nello slum di Dandora, ben pensando di separare con una rete il pubblico bianco da quello nero. Contraddizioni troppo grandi da perdonare quando dall’Africa abbiamo già altri conti da farci perdonare!
Martino Coppola

10.2.07

L'idea di sviluppo nelle diverse forme di cooperazione internazionale

La maggioranza degli uomini e delle donne che vive sul pianeta 

terra non ha la possibilità di soddisfare i bisogni fondamentali 

dell’essere umano. 

Solo una minoranza degli interventi di cooperazione internazionale allo 

sviluppo è intesa a favorire seriamente la soddisfazione dei bisogni 

fondamentali dell’uomo. 

Uno dei motivi determinanti il fallimento del mandato della 

cooperazione allo sviluppo è di natura teorico-concettuale, poiché non 

risulta esserci concordanza nella risposta alla domanda “che cos’è lo 

sviluppo?”. 







Il testo completo è disponibile in formato PDF sul sito web http://www.yorku.ca/ishd/ideadisviluppo.pdf nella sezione "curricula per lo sviluppo" - "università di firenze 2006".