Intendo per Politica la ricerca e la promozione dei beni comuni dai quali dipende la qualità della vita di tutti. La Politica è quindi uno strumento delle società, finalizzato alla cura e al bene della propria polis. Si basa sulla realizzazione della volontà generale e condivisa, meglio conosciuta come democrazia. Il fine ultimo della politica è la realizzazione dei bisogni di una collettività. Il compito di fare politica non è di esclusiva competenza dei partiti, divenuti ormai un ostacolo della democrazia reale, quanto dei cittadini, dell'associazionismo più vario e di tutte le forme espressive della società civile. Ognuno, consapevole o meno, è attore politico.
Oggi, i reali centri di potere ci appaiono sempre più lontani, invisibili e irraggiungibili, difficilmente condizionabili attraverso il voto. Nasce, quindi, l'urgenza di ricercare un'identità in grado di fornire sicurezza. Si sviluppa il bisogno di avere riferimenti più vicini, sui quali avere la certezza di poter esercitare un condizionamento. La comunità locale, il Comune, sono l'ambito in cui realizzare tali attese. Lo slogan che il movimento dei movimenti ha fatto proprio "Pensare globalmente, agire localmente", trova, in questo contesto, la sua piena legittimazione. Sempre più spesso, nei territori su cui ricadono gli effetti negativi della globalizzazione, i cittadini tendono a organizzarsi per contrastarne l'azione. Il conflitto si radica a livello locale, origina vertenze specifiche e favorisce l'auto organizzazione delle masse popolari. Allora bisogna immaginare un'altra mappa in cui, al posto dell'urban marketing, della competizione tra città ci sia invece la possibilità di costruire reti di città solidali e cooperanti. Città nuove, che scambiano tra loro esperienze di partecipazione diretta e di welfare comunitario e che si interroghino anche su forme di disobbedienza alle leggi ingiuste e sulle resistenze alle imposizioni di poteri autoritari e imperiali.
La democrazia formale, che l'Occidente vorrebbe esportare nel mondo come unico modello possibile di partecipazione, ha in realtà esaurito la propria funzione: oggi l'assioma "una testa, un voto", non ha più il significato originario. La crisi della partecipazione politica nasce da una spinta "dal basso", ovvero dal manifestarsi dell'inadeguatezza della democrazia formale a rappresentare la ricchezza soggettiva, espressa da dinamiche produttive e sociali moltitudinarie. E, al tempo stesso, dalla crescita di una autonoma capacità di cooperazione, autorganizzazione e autoregolazione sociale, indisponibile sia a lasciarsi governare, sia a delegare. Bisogna creare le condizioni per un confronto serrato, franco, con e tra esperienze concrete di lotta, e di traduzione di queste in momenti di autodeterminazione e autogoverno, di riappropriazione del territorio e del controllo sulle proprie vite e sulla vita delle proprie comunità. Dobbiamo essere capaci di tradurre queste idee in esperimenti e pratiche di vita se non vogliamo essere complici della decadenza umana. Un altro mondo è possibile!